Deindicizzare risultati di ricerca Google per non censurare

Con la pronuncia numero 9147 del 19 Maggio 2020, la Corte di Cassazione Civile della Sezione I è tornata a dibattere su un tema sempre attuale e difficile, il diritto all’oblio: deindicizzare per non censurare. Dunque, la Corte ha voluto definire i limiti entro cui il diritto all’oblio deve lasciare spazio al diritto/dovere di cronaca e di informazione. Infatti, la pronuncia ha voluto rinnovare l’attenzione sulla questione riguardo alla compatibilità tra il diritto alla riservatezza e l’interesse della collettività ad essere informata mediante i contenuti rinvenibili negli archivi digitali dei giornali online. In modo specifico, l’attenzione si focalizza sulla tematica precisa della “deindicizzazione” della notizia da parte dei motori di ricerca, mediante la soppressione di quei link di collegamento verso tutte quelle pagine web che contengono gli archivi.

Il tema della rimozione di informazioni da Google è sempre di grande attualità, in Italia ma anche all’estero. Basti pensare che questa nuova pronuncia della Corte di Cassazione segue la sentenza della Corte di Giustizia che il 13 maggio 2014 ha riguardato il caso di Mario Costeja González. Quest’ultimo ha adito all’Agencia Española de Protección de Datos (AEPD) nei confronti di Google Spain e Google inc. Inoltre, l’ordinanza della I Sezione Civile ha preso spunto dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 19681 del 22/07/2019. Quest’ultima ha avuto come oggetto l’individuazione di quei principi per i quali “un soggetto ha diritto di chiedere che una notizia, a sé relativa, pur legittimamente diffusa in passato, non resti esposta a tempo indeterminato alla possibilità di nuova divulgazione”, nella precisazione dei termini del contrapposto “interesse pubblico a che vicende personali siano oggetto di (ri)pubblicazione, facendo così recedere il diritto all’oblio”. La questione, dunque, riguarda direttamente il tema del rimuovere risultati ricerca Google e la procedura per effettuare una richiesta di rimozione di risultati di ricerca ai sensi della legislazione europea.

IL CASO STORICO

Il ricorso della società editoriale Donlisander Communication S.r.l.s. nei confronti della sentenza del Tribunale di Pescara nel 2017 rappresenta il punto di partenza dell’intera situazione. Quest’ultima sentenza ha portato all’eliminazione di una notizia dall’archivio online del giornale web di proprietà. La news riportava un caso di patteggiamento di pena da parte di una persona coinvolta in reati come: frode in pubbliche forniture, sostituzione di persona e falso in atto pubblico commesso da privato. Il soggetto coinvolto ha fatto presente che, inserendo il proprio nome su Google e su altri motori di ricerca, appariva per primo proprio il link che riportava la news e il suo nome. In particolare, la società editrice ha denunciato la trasgressione e la falsa applicazione del Codice della Privacy (il Decreto Legislativo 196/2003) e del Regolamento UE 679/2016, il GDPR. Entrambi i richiami legislativi afferiscono al trattamento riservato ai dati personali nell’esercizio della professione giornalistica e al rispetto del codice deontologico. In questo particolare caso, sono stati richiamati gli articoli 99, 136, 137 e 139 del codice della privacy e l’articolo 17 parte 3 lettera A del GDPR. Proprio questa specifica parte dell’articolo 17 spiega quanto sarà necessario limitare il diritto alla cancellazione dei dati personali per curarne il giusto trattamento, al fine di esercitare in modo adeguato il diritto d’informazione. La società editrice ha sottolineato come il “diritto all’oblio” avesse la preminenza per il soggetto interessato sul diritto di cronaca e sull’interesse del pubblico ad essere informato. Dunque, i dati rintracciabili nell’archivio digitale dovevano essere necessariamente cancellati. Di contro, l’impugnazione ha messo in evidenza due elementi importanti: la notizia di cronaca non ha smesso di essere attuale al tempo della discussione, poiché era trascorso solo un anno e sei mesi dal concretizzarsi della vicenda che vedeva coinvolto l’interessato; in secondo luogo, il trattamento dati relativi a questioni o processi penali non conosce limiti, se il trattamento stesso si realizza per fini storici e passi mediante la conservazione dell’archivio giornalistico on-line, che ha lo stesso peso di quello cartaceo.